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CAMERIERE, UNA BIRRA!

di Guy de Maupassant

Guy de Maupassant Novelle Vocifero podcast

voci narranti: Leonardo Marino e Salvo Valentino

direzione: Graziana Maniscalco

montaggio e sound design: Giuseppe Romeo JDS

In una birreria, un nobiluomo racconta ad un ex compagno di collegio l’episodio traumatico che ha sconvolto la sua vita.

nota introduttiva di Nino Romeo

Cameriere, una birra! – Garçon, un bock! (1884)

Il lungo prologo d’occasione che precede il racconto centrale di Cameriere, una birra! ha caratteri spiccatamente teatrali. L’ambientazione scenografica, l’andirivieni dei camerieri, le voci sommesse o le grida degli avventori: da tutto questo emerge la figura dell’uomo invecchiato precocemente che farà da narratore del suo racconto e che si preannuncia con la battuta che sarà il tormentone della novella: «Cameriere, una birra!».

Il dialogo tra il narratore primo e il conte Jean de Barrets, narratore secondo ma primario perché protagonista del fatto narrato, ha un andamento a spirale (anche questa, tecnica teatrale): e disvela, battuta  dopo battuta, l’abbrutimento, l’isolamento volontario, la nausea per la vita di de Barrets; e spinge, noi lettori, a chiederci, con il narratore primo, «cosa ci sta sotto?»; e, infine, ad attendere il racconto del conte.

Il narratore secondo rivela al narratore primo, divenuto narratario -e noi con lui-, l’evento traumatico che lo ha condotto a distaccarsi da ogni passione del vivere.

Il trauma infantile è l’episodio che innesca molti racconti di Maupassant.

Ne L’attesa, novella che precede di alcuni mesi soltanto la pubblicazione di Cameriere, una birra!, un ragazzo, avendo scoperto la madre, vedova da più di quindici anni, in intimità con l’uomo che per lui è stato un «padre morale, un tutore, un protettore», fugge di casa e non vi fa più ritorno, gettando la madre nello sconforto: è proprio lei, ormai in fin di vita, a raccontare ad un avvocato chiamato al suo capezzale, la sua storia.

In Cameriere, una birra! a svelare il trauma infantile è colui che lo ha subito; e la sua infanzia spensierata risulta definitivamente stravolta dalla scena a cui assiste: il padre che picchia brutalmente la madre per questioni di denaro: fugge anche lui; ma, poi, fa ritorno a casa dove i genitori lo accolgono come se nulla fosse successo (trauma nel trauma): e proseguono la loro vita all’apparenza tranquilla e rispettabile.

Alcuni critici citano Cameriere, una birra! come la novella più autenticamente autobiografica tra quelle scritte da Maupassant.

I genitori di Guy si separarono pochi anni dopo il loro matrimonio.

Laure Le Poittevin, la madre, era «una ragazza elegante che stupiva tutta la regione dove mai s’era vista una amazzone leggere e fumare sigarette» (Paul Morand, Vie de Guy de Maupassant). Aveva una venerazione per il fratello Alfred, morto giovanissimo: la stessa che nutriva Gustave Flaubert che trascorse parte della giovinezza accanto ai due. Flaubert divenne, in seguito, il padre putativo di Guy che per lui nutriva un’autentica adorazione (non è mai stata dimostrata una paternità anagrafica, da alcuni soltanto supposta).

Il padre, Gustave de Maupassant, era un nobilotto di provincia, vanesio, del tutto disinteressato a moglie e figli, che con le donne e al gioco aveva sperperato la sua eredità, sino al fallimento dichiarato: del tutto simile al ritratto che de Barrets delinea del proprio padre (anche se non sono riportati dai biografi atti di violenza di Gustave de Maupassant sulla moglie; e, d’altronde, l’energica Laure non glieli avrebbe consentiti; e, inoltre, Guy, durante i primi anni parigini, visse in casa del padre e, per il resto della sua vita, mantenne tenui legami col padre; al contrario di de Barrets che non volle più rivedere il suo).

Ad alcuni lettori potrà apparire sproporzionata la determinazione del protagonista di relegarsi a vita in una birreria per aver assistito ad un litigio, pur violento, tra i genitori. Ma per Maupassant i dissidi tra i genitori devono esser stati un trauma sopito a stento dal suo carattere ‘taurino’ (aggettivo spesso usato per definire l’autore) che emerge, potente e primordiale, in molte delle sue novelle (e sono tanti i tarli che roderanno Guy per tutta la sua vita e che si paleseranno nelle sue opere).

Alla fine del racconto, quella che prima era apparsa una richiesta reiterata e compulsiva, si manifesta come un grido disperato: «Cameriere, una birra!», subito stemperato da un’aggiunta quasi sommessa: «E una pipa nuova!».

La captatio expectationis indotta nel lettore è una tecnica sovente adottata da Maupassant che qui raggiunge un raffinato ed efficace realismo descrittivo che ci consente di visualizzare de Barrets nella sua prostrazione ormai irreversibile: e quando il racconto parte, noi lettori raddoppiamo la nostra attenzione.

ascolta l’audio racconto